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mercoledì 10 settembre 2014

Uno sguardo sull’istruzione 2014 – luci ed ombre del sistema scolastico italiano

Sono stati resi noti i risultati dell’indagine OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) Education at Glance (Uno sguardo sull’istruzione )2014.

Si tratta di una vera e propria fotografia dei sistemi scolastici di 34 Paesi membri dell’OCSE e di un certo numero di Paesi G20 e partner dell’OCSE confrontati attraverso l’analisi di una serie di indicatori comuni che ne descrivono le caratteristiche più importanti e significative.
Il rapporto dell’indagine  è racchiuso in un ponderoso volume di 570pagine ricche di dati, grafici e tabelle di non agevole lettura. È possibile, comunque, consultare anche una breve sintesi che riassume i principali dati relativi al sistema scolastico del nostro paese.
La AssociazioneTreeLLLe ha organizzato martedì scorso un incontro nel corso del quale ha analizzato e commentato appunto i dati riferiti all’Italia.
Questa analisi fornisce alcuni spunti molto interessanti.
Innanzitutto emerge che l’Italia è tra i paesi più avanzati per quanto riguarda l’accesso all’istruzione preprimaria (scuola dell’Infanzia).  Il 92% dei bambini di 3 anni di età è iscritto alla scuola dell’infanzia (preprimaria), rispetto alla media del 70% per l’area dell’OCSE. I tassi d’iscrizione crescono fino a raggiungere  il 96% per i bambini che hanno compiuto 4 anni. Tali tassi sono tra i più alti osservati nei Paesi dell’OCSE. Il dato è molto importante perché la ricerca internazionale ha dimostrato che la frequenza della scuola preprimaria costituisce un fondamentale fattore di successo scolastico. Detto in altri termini: se un bambino frequenta la scuola dell’infanzia ha meno probabilità di incorrere in un insuccesso scolastico nel prosieguo dei suoi studi.
Il dato più positivo per l’Italia è comunque il miglioramento, recente, della qualità  dell’istruzione di base. L’Italia è uno dei tre paesi dell’OCSE  –  con la Polonia e il Portogallo -  ad aver ridotto tra il 2003 e il 2012 la quota di quindicenni in grave difficoltà in matematica (si è passati da un giovane su tre a un giovane su quattro), e al contempo aumentato la quota di quindicenni nella fascia alta di competenze. Un miglioramento che non ha richiesto risorse aggiuntive: l’Italia è infatti l’unico paese ad aver ridotto, tra il 2000 e il 2011, la spesa pubblica per l’istruzione primaria e secondaria.
Complessivamente negli ultimi 15 anni il numero di diplomati e laureati è aumentato, specie tra le donne, ma rimane inferiore alla maggior parte degli altri paesi dell’OCSE. Infatti tra il 2000 e il 2012, la percentuale di laureati nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni è cresciuta dall’11% al 22%, e tra i nuovi laureati si contano il 62% di donne. Il tasso medio di laureati  tra i 25-34enni nell’area OCSE, che comprende i diplomati di percorsi di studio professionalizzanti di livello terziario, è, invece, del40%.
Il vero gap però è nel livello medio di preparazione. Nonostante alcuni segnali di miglioramento incoraggianti, il livello medio dei giovani italiani in comprensione dei testi scritti (lettura) e nelle prove matematiche dello Studio OCSE sulle Competenze degli Adulti (PIAAC) resta basso rispetto agli  altri Paesi dell’area OCSE. I giovani laureati Italiani (25-34 anni), per esempio, raggiungono appena il livello di competenze di lettura e matematiche dei loro coetanei senza titolo di studio terziario in Finlandia, in Giappone o nei Paesi Bassi. Anche tra i quindicenni, l’indagine PISA misura un livello medio in matematica e lettura inferiore alla media OCSE.
Ma l’aspetto forse che desta maggiore preoccupazione è rappresentato dal forte calo di aspettative nei confronti dello studio. Le difficoltà cui fanno fronte i giovani italiani per trovare un lavoro rischiano di compromettere gli investimenti nell’istruzione. Con le sempre maggiori difficoltà incontrate nella ricerca di un lavoro, la motivazione dei giovani italiani nei confronti dell’l’istruzione è diminuita. I tassi d’iscrizione all’università in Italia hanno segnato una fase di ristagno o sono diminuiti negli anni più recenti e il numero di studenti che abbandonano precocemente gli studi ha smesso di diminuire dopo il 2010.

Sorge spontanea una domanda: riusciranno i provvedimenti della “Buona scuola” a invertire la rotta?

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